mercoledì 20 marzo 2019

Un racconto d'anticipazione


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AA.VV.
Il dilemma di Benedetto XVI
Traduzione di G. Rosella Sanità e Beata Della Frattina
© 1976, 1977 Fantasy & Science Fiction – © 1978 Mondadori Urania
Il dilemma di Benedetto XVI
di Herbie Brennan – 
Titolo originale: The Armageddon Decision – 1977

Entrando nel museo, Steinmann si sentiva ancora turbato dal suo sogno di Sarai. L’edificio era quasi deserto, poiché, ovviamente, nelle belle giornate attirava pochi visitatori. Steinmann indugiò ad ammirare le ricostruzioni in miniatura di tombe etrusche finché l’orologio non gli disse che mancavano tre minuti alle undici. Allora si avviò senza fretta lungo la Galleria Egizia. Dopo un poco trovò la stele di Rosetta vicino al sarcofago di una mummia del Medio Impero. Secondo le istruzioni ricevute, aspettò fingendo di leggere il cartiglio su cui era tradotta l’iscrizione. Continuava a pensare a Sarai, cercando di mettere in rapporto quel rigurgito emotivo con la situazione o l’ambiente, quando una mano gli sfiorò il braccio: — Dottor Steinmann?
Steinmann si voltò, annuendo. — Sì. — L’uomo era certamente un italiano, molto bruno e molto snello, sui cinquantacinque.
— Orsini — si presentò, porgendo la mano. — Giovanni Orsini. Benvenuto a Ginevra, dottore. Mi spiace aver dovuto organizzare quest’incontro da cospiratori. Avremmo di molto preferito darvi il benvenuto davanti a tutti, all’aeroporto, ma sono certo che vi rendete conto delle difficoltà.
La stretta di mano era ferma e asciutta. — Non del tutto — disse Steinmann. Dall’esame del comportamento del suo interlocutore, dedusse che Orsini non era tanto nervoso quanto preoccupato e in imbarazzo. Questa scoperta gli procurò un vero senso di sollievo. Forse, dopo tutto, era stata quell’insolita esperienza di dover seguire istruzioni segrete che aveva evocato Sarai dalla tomba nel suo subconscio.
— Se è così — dichiarò serio Orsini — devo ringraziarvi per la vostra pazienza. — Si guardò intorno, quasi per assicurarsi che la galleria fosse deserta. Non c’era anima viva, infatti.
Steinmann passò a osservare l’impeccabile abito da passeggio e poi il portamento di Orsini, che originò una nuova associazione di idee e lo portò a dire a bruciapelo: — Immagino siate un sacerdote.
L’altro sbatté le palpebre: — È così evidente?
— No, se uno non ha una certa esperienza. — Lanciò un’ultima occhiata alla stele e aggiunse: — E ora, cosa facciamo?
Orsini era palesemente a disagio. Dalla tasca interna prese un sottile portafogli e glielo porse con gesto affrettato. — Per favore, prendetelo! È un anticipo sul vostro onorario. C’è anche un biglietto per un giro turistico della città in pullman, che parte alle tre del pomeriggio di oggi. Il pullman parte dal monumento a Guglielmo Tell, a due passi dal vostro albergo. Vi chiediamo il favore di partecipare al giro. — Scrutò attentamente Steinmann. — Se non sbaglio, la vostra specializzazione richiede un particolare addestramento della memoria visiva, non è vero?
Steinmann annuì.
— Allora, per favore, guardatemi bene. Così sarete sicuro di potermi riconoscere.
Orsini irrigidì involontariamente i muscoli, come se si aspettasse un esame manuale.
Steinmann sorrise. — Sì… senz’altro.
— È importante, dottore — incalzò serio Orsini. — Dovrete riconoscermi di primo acchito, anche se sarò vestito in modo totalmente diverso e ci troveremo in un altro ambiente.
— Sì, sì. State sicuro che vi riconoscerò — disse Steinmann in tono rassicurante e, automaticamente, collegò i tratti più caratteristici della fisionomia al nome e al portamento, per noi immagazzinare il tutto nel subconscio. Orsini era adesso per sempre incasellato nella sua memoria.
— Bene. — Il ritmo del respiro rivelò che Orsini aveva tirato dentro di sé un sospiro di sollievo, come se la cosa fosse stata di vitale importanza. Poi continuò: — Avremmo piacere che vi comportaste come un qualunque turista, fino al momento in cui il pullman entrerà nella piazza e i passeggeri scenderanno. Scendete con loro, mettendovi però in fondo al gruppo, in modo da potervi allontanare inosservato.
— Capisco.
— La guida vi condurrà lungo un colonnato. A un certo punto del percorso vi verrò incontro, provenendo dalla direzione opposta. Mi scuserete, se farò finta di non conoscervi.
Steinmann capì che l’imbarazzo dell’altro era sincero. — Non preoccupatevi — disse.
— Poco dopo esserci incrociati, arriverete a una porta sulla vostra destra. Sarà aperta e non sorvegliata. Vi sarò grato se vi entrerete, badando che nessuno se ne accorga. Chiudete la porta a chiave. La serratura è una semplice placca a pressione all’altezza della spalla. Poi, non avrete che da aspettare. Io vi raggiungerò seguendo un’altra strada.
Per allentare un po’ la tensione, Steinmann osservò, con una certa leggerezza: — Mi sembra una cosa molto eccitante.
— È invece una cosa puerile, dottore — disse Orsini, con un sorriso forzato — e voi ve ne rendete conto benissimo. Ma è necessaria. Nessuno deve sapere della vostra visita in Vaticano.
Un’americana chiacchierona per poco non privò Steinmann della sua prima vista panoramica della Città del Vaticano. Lei stava sproloquiando su Hoosiers – qualunque cosa fosse questo Hoosiers – quando il pullman, superata una svolta, permise un’ampia visuale, sulla destra, del lago di Ginevra. Steinmann escluse la voce della donna dalla sua mente. Al di là dello specchio d’acqua, si vedevano le scintillanti mura e le guglie che s’innalzavano sulla riva opposta. La lettura dell’opuscolo illustrativo non l’aveva preparato del tutto alla magnifica visione. Era più piccolo del Vaticano originale, ma la profusione dei marmi usati nel costruirlo non mancava di fare colpo.
— Ecco, adesso potete vedere da voi — stava dicendo l’americana con aria di enorme soddisfazione.
Steinmann, che vedeva solo la città e il lago, annuì con un sorriso di voluta condiscendenza. Per meglio aderire alla parte del turista, indossava un abito bianco e una sgargiante camicia di seta. Una borsa da aereo, posata di fianco al sedile, conteneva indumenti più sobri.
In meno di un quarto d’ora, il pullman arrivò ai cancelli della città. Osservandola da vicino, Steinmann fu colpito dalla strana combinazione di rutilante cattivo gusto e di splendore medievale. Le pareti di marmo, così imponenti da lontano, sembravano di viscida plastica per via del trattamento protettivo al silicone. Al di sopra dei cancelli, un grande crocefisso dorato mandò un tenue bagliore quando il pullman attivò la fotocellula d’apertura. Ma i cancelli erano delle genuine reliquie di una fortezza medicea.
Steinmann sfogliò l’opuscolo mentre il pullman entrava nella piazza. Non avevano tentato di fare una copia esatta, sia pure in miniatura, del vero Vaticano, ma ne avevano conservato talune caratteristiche. Esisteva ancora una Biblioteca Vaticana, esistevano ancora gli Archivi Segreti, ambedue, purtroppo, molto ridotti. Esisteva anche una Basilica di San Pietro e una Cappella Sistina, in parte costruita con le pietre originali portate di contrabbando dall’Italia, ma sfortunatamente mancavano i gloriosi capolavori di Michelangelo. C’era ancora un Palazzo Vaticano e, sebbene per motivi di sicurezza vi fossero ammessi pochissimi visitatori, correva voce che i sontuosi arredi risalissero come minimo a tre secoli prima.
— Adesso sì, che è davvero una cosa magnifica! — disse ad alta voce l’americana, mentre il pullman si fermava con uno stridio. La donna si guardò intorno con palese ammirazione. — Adesso sì! Non trovate?
— È vero! — rispose con sincerità Steinmann. Anche lui aveva fatto caso che erano più interessanti le differenze che non le somiglianze con il Vaticano originale.
Al posto della Radio Vaticana c’era adesso la Televisione Vaticana, con proiezioni interamente olografiche. La sottile antenna emittente fendeva il cielo, dominando persino la facciata del palazzo. E le Guardie Svizzere, con i loro secoli di tradizione, erano state sostituite, con inconsapevole ironia, da Legionari Romani. Secondo l’opuscolo illustrativo, le armature erano di leggera plastica che imitava l’acciaio, ma l’insieme sarebbe stato accettato anche da Cesare.
— Sono convinta che tutti dovrebbero vederlo — continuava imperterrita l’americana — anche i non cattolici. — Lo guardò con aria bellicosa: —Voi siete cattolico?
— Ebreo — rispose Steinmann, con un cenno di diniego. Per qualche suo motivo personale, la donna sembrò compiaciuta. — Ah, israeliano?
Steinmann tornò a scuotere la testa. Poi, dato che voleva troncare la conversazione, aggiunse: — Sono nato ad Anderstraad.
L’espressione della donna si raggelò per l’imbarazzo.
Via via che il pullman si vuotava, Steinmann fece in modo da restare per ultimo e si accodò al gruppo che s’incamminava verso il colonnato. Ma anche quando erano già entrati nell’ombra fresca, non vide traccia di Orsini, sebbene un dignitario vaticano venisse verso di loro avvolto nella pompa cardinalizia. L’avevano già quasi oltrepassato quando Steinmann lo riconobbe.
Rallentò il passo e, trovata la porta, varcò la soglia senza essere visto. Premette la placca con il pollice, sentì lo scatto della serratura che si chiudeva, poi aspettò. Si trovava sul limitare di un altro cortile su cui torreggiava la mole del Palazzo di Papa Benedetto.
Steinmann era un po’ seccato, perché la sua lunga esperienza fisiognomica non lo aveva aiutato ad individuare le caratteristiche fisiche dell’altro. E poiché era seccato, disse: — Dunque, siete un cardinale. Avrei dovuto trattarvi con maggior rispetto.
— Al contrario — ribatté Orsini — se qualcuno deve fare delle scuse, questo sono io. Sia a titolo personale sia a quello della gerarchia ecclesiastica. Il modo con cui ci siamo messi in contatto con voi, il modo con cui siete stato costretto a venir qui… tutto questo è davvero imperdonabile, ma forse ne comprenderete presto la necessità.
Incuriosito, Steinmann chiese: — Dove stiamo andando, di preciso?
— Sopra la cappella c’è una piccola biblioteca — rispose Orsini. — Sua Santità ha la compiacenza di servirsene come studio. So che vi aspetta là.
Si fermarono davanti ad una porta scorrevole ed entrarono in un cubicolo che, come improvvisamente Steinmann si accorse, era un ascensore. Si guardò intorno deliziato, mentre la porta tornava a chiudersi. — Non vi servite di seggi elevatori? — chiese.
Orsini rabbrividì. — Qui preferiamo andare all’antica, dottore. È una questione di dignità.
Steinmann si ritrovò a pensare a Sarai intanto che l’ascensore li faceva dignitosa-mente salire al piano sopra la cappella.
Sua Santità Papa Benedetto XVI era più piccolo di quanto Steinmann avesse immaginato, magro come Orsini, ma più vecchio ed incartapecorito. Correva voce che facesse cure per ringiovanire, a dispetto della politica ufficiale della Chiesa, ma se le voci rispondevano al vero, le cure non erano efficaci. Con sorpresa di Steinmann, il Papa indossava il saio marrone dei frati francescani.
Papa Benedetto andò loro incontro porgendo la mano senza formalità. — Mio caro dottor Steinmann, come siete stato gentile a venire! Il cardinale Orsini vi avrà già detto quanto ne siamo felici. — Il suo inglese era privo di accento, ma molto meticoloso, segno che solitamente parlava un’altra lingua. — Non volete sedervi? — Indicò una poltrona con una mano venata d’azzurro. — È molto comoda. Volete del tè? Del caffè? Un goccio di vino… abbiamo vini di ottima annata.
— Magari un caffè — disse Steinmann, che stava studiando il portamento e il tono muscolare del Pontefice. C’era appena un lieve accenno di tremito alle estremità, che senz’altro era dovuto più agli anni che ad un determinato stato psicologico.
Orsini fece scorrere un pannello a muro e compose un numero sul luccicante auto-cuoco. Il caffè si materializzò in tazzine di porcellana.
— È abominevole — osservò Papa Benedetto indicando la macchina — ma i miei cardinali più giovani persistono a dichiarare che dobbiamo essere sempre all’altezza dei tempi. Io mi oppongo finché posso, ma — sorrise — bisogna accettare il fatto che il Pontefice non è più infallibile.
Steinmann ricambiò il sorriso con un sincero sentimento di calorosa comprensione. Prese il caffè e lo trovò molto migliore della solita brodaglia ammannita delle macchine automatiche.
— Vorrei che il cardinale Orsini restasse, se non avete niente in contrario — disse Benedetto XVI.
— No, no di certo — si affrettò a dire Steinmann. Le parti andavano delineandosi. Il Papa era diventato un penitente, sottomesso al parere di Steinmann.
— Vedete, dottore — s’interpose Orsini, con voce pacata — vi abbiamo chiamato qui in veste professionale.
Steinmann spostò lo sguardo dall’uno all’altro. Si era quasi aspettato una cosa del genere, perché solo così si spiegava quella segretezza patologica.
— Prima di continuare — disse il Papa — vi dobbiamo chiedere se siete preparato ad agire in veste professionale. — Ebbe un attimo d’esitazione. — A qualunque onorario vogliate fissare, naturalmente!
— L’onorario non è una questione di principio — dichiarò Steinmann, accigliandosi.
— No davvero. Per una persona della vostra capacità, è soltanto quello che gli spetta. Tuttavia debbo ripetere la domanda. È importante che i nostri rapporti siano chiari sotto tutti gli aspetti.
Steinmann tirò un profondo respiro, ma, ovviamente, aveva già deciso: — Sarei veramente onorato di rendermi utile a voi o alla vostra Chiesa, secondo le mie possibilità. — Gli venne in mente un pensiero un po’ irriverente, e aggiunse: — In fin dei conti è stata fondata da uno del mio popolo.
La faccia del Papa si raggrinzì tutta per un altro sorriso. — È un sollievo costatare che possedete il senso dell’umorismo, dottore. Sono anche certo che vi rendete conto che tutto quello che verrete a sapere qui è da considerarsi strettamente confidenziale.
  • — Ciò fa parte dell’etica professionale — disse Steinmann, senza offendersi.
  • — Certo, certo!
  • Orsini fece per dire qualcosa, ma Steinmann lo prevenne.
  • — Prima di andare avanti, posso fare una domanda?
  • — Dite.
  • — Perché non avete scelto uno psichiatra cattolico? Ce ne sono di ottimi.
  • — Lo capirete fra poco — disse il Papa, facendo un cenno a Orsini.
— Sua Santità… — cominciò il cardinale, evitando di guardare in faccia Steinmann. Poi, cambiando apparentemente idea, proseguì: — La Gerarchia Ecclesiastica Vaticana e Sua Santità desiderano che vi tratteniate, dottor Steinmann, per tutto il tempo che sarà necessario per stabilire quali sono attualmente le condizioni psicologiche di Sua Santità.
Steinmann guardò prima l’uno poi l’altro, e, soppesando con cura le parole, disse: — Cosa volete dire esattamente con l’espressione “condizioni psicologiche”, in questo contesto?
Papa Benedetto sorrise ancora, con sincero buon umore.
— Il cardinale Orsini è forse più diplomatico del necessario. Mi hanno detto che un esame psichiatrico esige un’assoluta franchezza. — Il sorriso svanì, e il Papa fissò Steinmann diritto negli occhi. — In questo caso la franchezza esige che vi chiediamo di decidere, nel più breve tempo possibile, se io sono matto.
L’alloggio di Steinmann era lussuoso anche per una persona abituata al lusso. C’era perfino un Canaletto autentico, un piccolo preziosissimo quadro, appeso a una parete. Il dottore si sedette dubbioso sull’enorme letto, ma lo trovò sorprendentemente comodo e morbido. Si alzò e andò ad esaminare lo scrittoio, sicuro di scoprire che era un’imitazione. Invece era davvero di legno, e i segni d’invecchiamento potevano benissimo essere stati causati dal tempo, e non fatti apposta da un esperto artigiano. La finestra dava su un cortile interno, su cui, in quel momento, sfilava una processione salmodiante. Un lieve aroma d’incenso impregnava i pannelli di legno.
Steinmann trovò l’autocuoco e, dopo due tentativi, riuscì a ordinarsi la cena. Il brodo di pollo era anemico, ma l’agnello era vicino alla perfezione. Compose a caso un numero per il vino, e gli fu servita una mezza bottiglia di Chianti Classico. Era un po’ troppo secco per il suo palato, ma andava giù liscio che era un piacere.
Se ne versò un bicchiere e andò a sedersi su un seggiolone veneziano a riflettere.
Lo sguardo gli cadde sul terminale di un proiettore olografico abilmente dissimulato tra i fregi che ornavano le pareti e, seguendone il cavo, trovò i comandi inseriti nel muro a fianco della testiera del letto. Si protese, col bicchiere in mano, e premette un pulsante. Un cubo di un metro e ottanta di lato si materializzò al centro della stanza con un ticchettio. Per un istante rimase di un biancore lattiginoso, poi fu bruscamente sostituito da due preti infervorati in un’accalorata discussione. Steinmann non riuscì a capire l’argomento, perché parlavano in latino. Cercò allora il pulsante per cambiare canale, ma non lo trovò. Perciò rimase a guardare per un poco i due preti, e finì con l’assopirsi. Fu strappato bruscamente al sonno da un rumore che gli sembrò un colpo d’arma da fuoco. La trasmissione era cambiata, e per fortuna il commento era in inglese.
Si trattava ancora di Anderstraad, naturalmente, e dei tirapiedi di Ling che, con grande efficienza, mettevano a morte un oppositore politico. L’incidente gli diceva poco in sé, ma gli riportò il bruciante ricordo di Sarai. Come per sottolineare i suoi sentimenti, la scena cambiò, passando a una seduta del Consiglio dell’Unione Parlamentare. Riconobbe Martin Allegro, che con la faccia tesa pronunciava un appassionato discorso anti-Anderstraad. Poi il notiziario continuò con un assassinio nello Zambia, e l’interesse di Steinmann svanì. Spense l’apparecchio, si alzò stiracchiandosi e andò a letto. Ma nonostante il suo addestramento, non riuscì a non sognare gli inevitabili sogni.
La vita era piena di sorprese. Nel corso della notte avevano istallato nella biblioteca un apparato Rhamboid ultimo modello. Aspettando il Papa, Steinmann elaborò un programma-tipo di test psicologici e vi apportò le necessarie correzioni. I comandi rispondevano alla perfezione al tocco delle sue dita.
— Vi sembra che vada bene, dottor Steinmann?
Il dottore alzò gli occhi dal quadro dei comandi: — È una bellissima macchina, Santità.
Benedetto XVI annuì: — Di fabbricazione tedesca. So che sono molto bravi nel costruire macchine psichiatriche. — Poi il Papa andò a sedersi sulla poltroncina destinata all’esaminando e incrociò le mani in grembo. — Cominciamo?
— Se siete pronto.
— Sono pronto — disse il Papa.
Steinmann andò a sistemare il casco sulla testa tonsurata. I contatti scivolarono così perfettamente al loro posto che gli venne il sospetto che la macchina fosse stata costruita su misura per quel paziente. Poi tornò ai comandi, infilò il proprio casco e premette un pulsante. Il pannello si accese.
— Non sento niente, dottore — disse calmo il Papa.
— Non potete sentire niente, ancora — disse Steinmann. — Occorre lasciar passare un certo periodo, mentre ci sintonizziamo. — Controllò i quadranti. Nonostante la calma apparente, gli indici della respirazione, del battito cardiaco, della pressione sanguigna e della traspirazione di Papa Benedetto erano molto superiori al normale.
— Possiamo parlare? — chiese il Papa.
— Sì. Non altera i risultati e, caso mai, può essere di qualche utilità. — Regolò ancora qualche comando, esitando. — Anzi, tanto per rompere il ghiaccio, avrei bisogno di farvi qualche domanda.
L’altro ebbe un lieve sorriso. — Vorreste, per esempio, sapere quali sono i miei sintomi?
Steinmann lo fissò. — Sì. Immagino che abbiate mostrato alcuni sintomi, altrimenti non mi avreste chiamato.
— La vostra supposizione è esatta, dottore — disse il Papa. — Ho avuto quelle che si potrebbero definire esperienze allucinatorie.
— Allucinazioni? — precisò Steinmann.
— La Chiesa ha sempre sostenuto che esistono due diversi tipi di visioni o allucinazioni — disse, con pacatezza, Benedetto XVI. — Una visione può essere un messaggio di Dio, un’altra l’indizio di uno squilibrio psichico. Noi speriamo che voi ci possiate aiutare a determinare a quale dei due tipi appartengono le mie.
Date le circostanze, c’era quasi da aspettarselo. Soppesando con cura le parole, Steinmann rispose: — Temo che la mia filosofia non comprenda messaggi dall’Onnipotente. Il meglio che vi posso offrire è un’indicazione sulle condizioni della vostra mente. Se è sana, deciderete voi stesso la natura delle visioni.
— Non chiediamo di più — concluse Benedetto XVI.
Un lieve ronzio gli faceva vibrare i timpani, segno che il collegamento si stava instaurando. Steinmann chiese: — Le visioni hanno un senso, una forma?
La faccia rugosa rimase inespressiva. Solo gli strumenti rivelavano la tensione interna.
— Si riferiscono all’Apocalisse. Conoscete la dottrina cattolica su questo argomento?
— Solo un’infarinatura da profano — rispose Steinmann. — Non è la battaglia di Armageddon?
— Il regno del male, dottore. E la lotta contro di esso culminante nel Secondo Av-vento. Non credo che vi siate mai interessato molto al problema.
Steinmann spostò una manopola di un quarto di giro in senso antiorario. — Confesso che la cosa non mi ha mai appassionato.
— Invece, per me, è diventata un’ossessione da quando Victor Ling è salito al potere ad Anderstraad — disse il Papa, con voce atona.
Steinmann rimase così sorpreso che per poco il collegamento non si spezzò. Costrinse i muscoli a rilassarsi e passò automaticamente alla respirazione controllata di tipo yoga, necessaria per ritrovare l’equilibrio psichico. Un attimo dopo, disse con voce del tutto priva di emozione: — Temo di non vedere il rapporto tra le due cose.
Papa Benedetto sospirò. — Come sapete — disse — Apocalisse significa “rivelazione”, e la Rivelazione di San Giovanni Evangelista ha dato luogo ad una rozza mitologia e ad aspettative fantastiche: grandi bestie, draghi scarlatti, segni nel cielo… — Sospirò di nuovo. — Ma i dottori della Chiesa hanno suggerito un’interpretazione molto più razionale.
La mente di Steinmann si oscurò un attimo, per tornare a schiarirsi subito dopo. L’esperienza gli suggeriva che il collegamento totale si sarebbe stabilito entro dieci minuti. — Posso chiedere qual è questa interpretazione?
— Due sono i punti fondamentali che chiariscono il significato del libro — rispose Benedetto XVI. — Il primo è il diciottesimo versetto del tredicesimo capitolo. Nell’identificare la realtà dietro l’immagine simbolica della Grande Bestia, Giovanni scrisse: «Chi ha intendimento conti il numero della bestia: perché quel numero è di un uomo: e il suo numero è seicentosessantasei».
— E questo significa qualcosa, per voi? — chiese Steinmann, l’attenzione divisa fra le parole del Papa e i quadranti dell’apparecchio.
— Come studioso, sì. San Giovanni venne educato secondo un mistico sistema ebraico chiamato Cabala. Parte di questo sistema comprende l’identificazione di cose reali attraverso numeri associati a nomi. Essendo ebreo, voi saprete bene che le lettere ebraiche servono anche a rappresentare i numeri. Per questo, nella Cabala, è possibile dare un valore numerico a una parola addizionandone le lettere.
— E voi credete che questa addizione abbia un significato… importante?
Il vecchio Papa scosse la testa, non senza impaccio a causa del casco. — No di certo, dottore — disse sorridendo. — Io non sono un cabalista. La mia personale opinione è che questo sistema ha più a che fare con la superstizione che con la realtà religiosa. Ma ciò non ha alcuna importanza. Quello che è veramente importante è che San Giovanni seguiva il metodo cabalistico. Se noi sappiamo come lui contava le lettere del nome, possiamo ricavare a che cosa si riferivano i numeri.
— E voi sapete come contava il nome?
— Sì — rispose Benedetto XVI, con voce pacata. — È un metodo noto da secoli. Il numero seicentosessantasei si riferisce a colui che, ai tempi di Giovanni, era forse il più grande nemico della Chiesa Cristiana: il “Nero Caesar” di Roma. Traducendo il nome latino in ebraico e sommando le lettere secondo il sistema cabalistico il risultato è seicentosessantasei.
Sorpreso, Steinmann disse:
— Allora Giovanni non stava facendo una profezia? Stava soltanto indicando sotto forma occulta l’Imperatore di Roma?
— Pare proprio di sì, ma prima di parlare di elementi profetici, dobbiamo scoprire il significato del secondo punto fondamentale. Gli storici della Chiesa, come forse sapete, accettano la dottrina dei corsi e ricorsi storici.
Il ronzio cambiò tonalità, indicando che mancavano meno di cinque minuti al collegamento. — A quanto ne so, gli storici della Chiesa non sono i soli — disse Steinmann.
— Infatti. È una dottrina rispettata, in genere, anche dagli accademici. — Il Papa tornò a sorridere. — Interessa persino la vostra specializzazione. L’inconscio collettivo della nostra specie elabora schemi tra loro simili, ad intervalli prevedibili. Tali schemi possono diventare relativamente chiari, offrendo così una prospettiva storica abbastanza ampia. Ma non addentriamoci negli aspetti tecnici, dottore. Basterà dire che lo schema che produsse Nerone si ripeté nella Germania del 1930 quando sorse il movimento nazista. Noi sospettiamo anche che possa ripetersi oggi, che stia ripetendosi… — esitò un attimo, poi aggiunse, sottovoce: — Ad Anderstraad.
Steinmann provò una stretta allo stomaco. — State dicendo che lo schema che originò l’Anticristo Nerone e l’Anticristo Hitler ha oggi suscitato un altro Anticristo in Victor Ling?
— Non affermo niente del genere. Ma, come Papa, devo tenere conto di ogni possibilità. Anche se non professate la nostra fede, potete ugualmente capire quale importanza noi daremmo ad una tale eventualità. Se Ling è realmente il punto focale delle stesse forze inconsce che produssero Nerone, allora Ling non è soltanto un politicante turbolento, ma la manifestazione del grande nemico della Chiesa. E, come tale, la Chiesa deve prendere posizione contro di lui.
— Una posizione militare? — chiese Steinmann, sempre in preda a forte tensione.
— Adesso ne abbiamo la forza.
Era una constatazione di fatto. Sebbene i suoi interventi fossero rari, la Chiesa Militante restava uno dei fattori più importanti nella moderna politica internazionale. Mentre questi pensieri turbinavano nella mente di Steinmann, intrecciandosi al ricordo di Sarai, lui premette il pulsante che attivava il Rhamboid. Il ronzio diventò più acuto. — E le vostre visioni, come entrano nel quadro?
  • — Confermano i sospetti dei nostri storici — disse il Papa, a bruciapelo. — Suggeriscono che la Chiesa Militante attacchi direttamente Anderstraad. Adesso capite perché sia tanto importante determinare il grado della mia sanità mentale?
  • — Sì mormorò Steinmann. Il procedimento Rhamboid immobilizzò il suo corpo, poi scagliò la sua mente nel vortice per collegarla con la psiche del Papa.
  • — È stata un’esperienza interessante — disse Benedetto XVI, dopo che gli fu tolto il casco. — Devo confessare che la reazione predominante in me è un senso d’imbarazzo.
  • — È comprensibile — disse Steinmann. — Questo esame è l’equivalente psicologico del mostrarsi nudo in pubblico.
I vecchi occhi castani si fissarono in quelli dello psichiatra. — E il risultato, dottor Steinmann? Potete dirmi il risultato?
Steinmann si strinse nelle spalle. — Non posso dire quale sia l’origine delle vostre visioni, ma la mia opinione è che siete sano.
Papa Benedetto si raddrizzò, come se gli avessero tolto un peso dalle spalle. —Grazie, dottore — disse con voce pacata. — Questo faciliterà le nostre decisioni.
Orsini gli mise in mano un pacchetto. — Il vostro onorario, dottore. Anche se non avete fissato alcuna cifra, credo che lo troverete adeguato.
Steinmann intascò il pacchetto. — Grazie.
Percorsero i corridoi del Vaticano, un po’ impacciati, fino a una porta massiccia.
— Devo lasciarvi — disse Orsini. — Un sacerdote vi accompagnerà ai cancelli. Troverete un aereo privato ad aspettarvi.
— Sorrise. — Per fortuna non c’è più bisogno di segretezza, sebbene sappia che possiamo senz’altro contare sulla vostra discrezione.
— Non dubitate — disse Steinmann. Poi, esitando: — Cardinale Orsini…
— Sì, dottor Steinmann?
— Sua Santità era già stato sottoposto ad un esame Rhamboid, non è vero?
Orsini lo fissò per un momento, poi annuì. — Come avete fatto a scoprirlo?
— È una prova molto impegnativa, e io non l’ho preparato con la cura dovuta… stavo pensando… ad altro. — Il ricordo di Sarai l’aiutò a dominarsi, e continuò: — Le reazioni, a fine esame, non sono state quelle di chi, per la prima volta, si sia sottoposto a un Rhamboid. Era troppo calmo.
— Vedo — disse Orsini.
Con la mano sulla serratura a pressione della porta, Steinmann disse ancora: — Posso sapere chi l’ha sottoposto al primo esame?
— Io — rispose Orsini. — Ho avuto un certo addestramento di psichiatria.
Steinmann gli puntò gli occhi addosso: — E le vostre conclusioni?
Sul viso di Orsini non apparve il minimo cambiamento d’espressione. — Identiche alle vostre, dottor Steinmann. Ho trovato Sua Santità sano di mente.
— E allora, perché chiamare me?
— La Gerarchia Ecclesiastica ha insistito. Secondo loro, come cattolico e come cardinale, avrei potuto inconsciamente essere parziale nel mio giudizio. Volevano perciò una conferma da parte di uno psichiatra di un’altra fede e, di conseguenza, più obiettivo. Voi, dottor Steinmann. E, per fortuna — Orsini sorrise — il vostro parere concorda con il mio.
Steinmann abbassò la voce a un soffio: — Il Papa è matto, cardinale Orsini.
L’altro annuì gravemente:
  • — Lo so, dottore.
  • — Le sue allucinazioni sono il diretto risultato di una schizofrenia monodirezionale.
  • — Esatto — convenne Orsini.
  • — L’esame Rhamboid non dà adito a dubbi.
  • — No, è vero — convenne ancora Orsini.
  • — Perché allora avete dichiarato sano di mente Papa Benedetto? — chiese Steinmann. Non riusciva più a capire il suo interlocutore.
  • — Perché voglio che la Chiesa attacchi Anderstraad — rispose il cardinale. — Sono convinto che Victor Ling è un uomo malvagio, sia o non sia l’Anticristo. — Sorrise ancora con un’ombra di tristezza. — Vi prego di ricordare che avete confermato le mie conclusioni.
Steinmann sospirò. — Avevo una figlia, Sarai, che aderì con altri ragazzi a un movimento di protesta. Aveva diciassette anni quando Ling l’ha fatta impiccare.
— Lo so — disse Orsini. — Per questo, ho scelto voi per il secondo esame.
Steinmann uscì nel cortile. Alle sue spalle, la porta si richiuse con uno scatto.

martedì 28 novembre 2017

Quello che i preti non dicono e gli scienzati non sanno




Nella proposizione 6.41 del Tractatus Ludwig Wittgenstein scrive: “Il senso del mondo dev’essere fuori di esso. Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene; non vi è in esso alcun valore – né, se vi fosse avrebbe un valore. Se un valore che abbia valore v’è, esso deve essere fuori d’ogni avvenire ed esser-così. Infatti, ogni avvenire ed esser-così è accidentale. Ciò che li rende non accidentali non può essere nel mondo, chè altrimenti sarebbe, a sua volta, accidentale. Dev’essere fuori del mondo.” Non posso che confermare. Leggo la Realtà con gli occhi dello spirito e ciò non mi ha mai ingannato, poiché tutto è riconducibile all'invisibile per chi sa vedere. Scorgo sin da bambino cose che altri non notano o fingono di non vedere, tutto un mondo dentro il mondo che vive e respira insieme a noi. Le fiabe che le nostre mamme e nonne ci raccontavano, al di là del valore pedagogico, avevano l'intento di avvertirci della presenza di potenze terribili e di angeli protettori, di tesori inestimabili che simboleggiavano la conoscenza, di lealtà, coraggio, fede, ma pure di tradimenti e ingiustizie, una narrazione di un livello altro della percezione ma di cui è intrisa la realtà cosiddetta ordinaria. Poi il sistema ci ha scolarizzato, ed è cominciato quel processo di ridimensionamento delle nostre facoltà, di ottundimento dei sensi incantati che ci permettevano di sbirciare oltre il visibile. Pochi soltanto son sopravvissuti a questo processo e vengono trattati come disturbati mentali o eretici, più pericolosi dei criminali perché osano opporsi al comun sentire e alle Istituzioni. Il processo di acculturazione forzata imposto dal sistema riguarda soprattutto il linguaggio e l'uso delle parole, i cui significati ballerini sono decretati dai vertici della piramide occhiuta come corretti o meno. Ho imparato presto che il linguaggio umano è la peggior trappola per capire l'uomo e il mondo. Il linguaggio è il silenziatore della verità, a meno che non sia il Logos giovanneo, la Parola Vivente a far luce su chi siamo e qual è il nostro destino.

C'è un lato pesante e feroce della sovversione di ogni principio e valore umano e, soprattutto, contro Dio. Chi c'è dietro lobby finanziarie capaci di far morir di fame il popolo greco? Chi programma olocausti? Chi decide cosa è giusto e cosa non lo è a parte Dio? V'è un ordine che si nasconde dietro le quinte della Storia per orientare il suo procedere? I cospiratori sono in combutta con i teorici del complottismo? Ci sono parole tabù che non si possono nemmeno alludere, pensieri interdetti, centrali del consenso, li scovo semplicemente guardando otto-e-mezzo della signora Gruber, la simpaticona per niente faziosa che su La7 ospita personalità della politica e della cultura italiana e non solo. Sì, quando ascolto certi personaggi famosi avverto la sensazione di trovarmi di fronte a qualcuno che sa, che appartiene a mondi diversi dal mio, lontani anni luce dal Bene. Fuori i nomi? Un giornalista che si diletta di storia, un filosofo gnostico-marxista e per di più barbuto prestato alla politica, un analista strategico americano, un commentatore di cronaca parlamentare educato ed enciclopedico, insomma personcine a modo che sento avverse, sì, l'ho detto, perché non si può? Innanzitutto perché anticristiane, vuoi per nascita che per scelta ideologica, e poi per una certa aura a bassa frequenza che li contraddistingue. Ecco, lì vedo qualcosa di sinistro, già, più che di sinistra (sarebbe il meno). Conflitti millenari, scontri epici, metafisica che irrompe nella Storia dell'umanità, resi manifesti, oggi, da brevi tratti, da episodi all'apparenza insignificanti, da paroline dette e non dette magari durante un talk show in televisione. Piccole cose, è vero, ma che proiettano un'ombra lunga.

Poi c'è un lato leggero della sovversione, meno cruento ma non per questo poco efficace. Le parole d’esordio del brano Aquarius della celebre commedia musicale Hair, ben introducono il tema: “Armonia, lealtà, chiarezza / Simpatia, luce e verità… / Nessuno ne sopprimerà la libertà! / Nessuno ne imbavaglierà lo spirito! / La mistica ci consentirà di comprendere / E l’uomo imparerà di nuovo a pensare / Grazie all’Acquario! Grazie all’Acquario!”. Sostengono i new agers: ci si salva da soli, si può seguire una via spirituale senza religione di riferimento, tutto è uno, una è la sostanza universale, tutto è vibrazione, noi dobbiamo liberarci dalle catene del sistema, dalle religioni istituzionali. Il movimento culturale new age sorto sul finire degli anni sessanta, sembrava spontaneo e, come spesso dico, non era tutto da buttare, anzi. Gnosi semplificata, orientalismo riveduto e corretto, spiritualismo senza dogmi, musica meditativa, pratiche di realizzazione interiore, un minestrone dal sapore corposo, interessante, magari ingenuo per certe posizioni dottrinali, comunque tentava di fondere fisica quantistica e spirito, anarchismo senza violenza e liberazione dell'individuo dalle pastoie del sistema, considerato opprimente e autoritario. Ma era tutto spontaneo? Il bisogno d'assoluto dell'uomo è senza tempo e malgrado le fasi storiche oppressive, emerge comunque. Il Secolo XX° ha prodotto genocidi, sofferenze e dolori immani, è stato imbrattato da filosofie aberranti (nazionalsocialismo), psicologia riduzionista (Freud), materialismo storico (marxismo e leninismo), pragmatismo americano, insomma un pesante fardello che ha chiuso l'umanità sotto un cielo di piombo. C'era voglia di luce, di volare alti. È più che legittimo, direi. Ma non tutto è oro.

Più volte ho visto l'ecosistema satanico tracimare nell'ordinario mondo borghese, agnostico, preso e risucchiato dal sociale, immerso dal lavoro stressante che comporta uno stato nevrotico permanente. Più volte ho compreso che la disabilità peggiore dell'uomo contemporaneo sia la cecità di fronte all'invisibile. Un “mondo secondo” ci sovrasta, luogo dell'essere e del non-essere in cui Luce e Tenebre si sfidano senza quartiere. Il Male esiste ed è presente. A cominciare da certi mostri, nelle cui mani finiscono le redini del comando, le sorti dell'umanità gettata sulla via dell'impero del Male e ciò dal Rinascimento. Gli effetti si fanno presto sentire attraverso i moti rivoluzionari, al sordo tonfo della ghigliottina, al diffondersi del sistema bancario internazionale, l'irrompere del capitalismo e la sua ancella, il liberismo. Ma per il nuovo paradigma bisogna attendere il movimento del '68 (nato già dai piani massonici secoli prima) che a volte trova esplicitazione in una peste psichica di tipo paranoico, che, dal 1980 in poi, ha dilagato in forme diverse. La nuova cultura, la cosiddetta cospirazione dell'Acquario come la descrive Marylin Ferguson, sforna incessantemente rock nella sua forma trasgressiva e rivoluzionaria (dai Beatles, perniciosi, ai Pere Ubu fino ai Joy Division, interessanti), filosofie (scuola di Francoforte e il nuovo catechismo olandese), tecnologie interiori (Osho, nefasto, Aurobindo, eccellente), uso di droghe psichedeliche per alterare le coscienze e condurle verso paradisi artificiali (cfr. Aldous Huxley, Ugo Leonzio e l'etnobotanico Terence McKenna), ma soprattutto rinnova il culto luciferino (il promotore culturale di riferimento della new age, David Spangler) fino a versioni contraffatte di traumi veramente accaduti di possessioni e rapimenti. Insomma, dietro questi fenomeni, si nascondono circoli organizzati che si adoperano in ogni modo per rievocare l'abisso oscuro e riportarlo sulla terra. Il cristianesimo che ha dalla sua millenni di lotta contro tali forze, di nuovo si trova a fronteggiare l'antico Nemico che sembra diventare più forte che mai. Purtroppo pure la Chiesa subisce la stretta soffocante del mostro infernale, proprio quando dovrebbe chiudere la porta della città, è più debole e fiacca: aprendo al mondo per inondarlo di Cristo (Concilio vaticano II°) eccoti la contromossa, il mondo entra dentro e l'oscura. Non sarà certo la scienza, che affronta la questione in termini di analisi e verifica e non di fede, in grado di fornire risposte e mezzi convincenti al problema dell'origine del Male, che si manifesta in aggressività distruttiva, dagli assassini seriali ai presunti raptus omicidi di padri di famiglia, fino alla scomparsa sospetta di bambini, alle reti internazionali di pedofili che poggiano sulla connivenza dei poteri forti. Rita Levi Montalcini pensò di esaurire la questione con la teoria secondo la quale l'homo sapiens contemporaneo dispone di un cervello tripartito frutto di accumulazioni successive. Il primo sarebbe quello che lo scrittore Arthur Koestler definì “cervello rettiliano”. Questo cervello arcaico, rappresenta la componente filogeneticamente più antica che si formò 200 milioni di anni fa. Il comportamento dei rettili è strutturato per la difesa del territorio, l'offesa e la difesa dai nemici, ed ha un'organizzazione gerarchica simile a quella dei mammiferi, che hanno tonalità affettiva e dai quali abbiamo ereditato il secondo cervello. I due cervelli ereditati dai rettili e dai mammiferi sono inglobati nel nostro mantello cerebrale. Nell'uomo, il mantello neocorticale ha avuto una forte espansione, che si riflette nell'aumento esplosivo delle sue capacità intellettuali. Lo sviluppo della neo-corteccia in un tempo di 2 milioni di anni, sarebbe la causa prima della disparità tra lo sviluppo dell'intelligenza e quello del comportamento. Secondo i neuro-fisiologi sarebbe possibile riscontrare, nelle manifestazioni stereotipate e ritualistiche dell'uomo di oggi, un'analogia con quelle tipiche dei rettili, e in quelle emotive, una somiglianza con quelle dei mammiferi. Il demonio viene identificato col serpente, simbolo del male. Ma non sarebbe un male esterno a noi, come suggerisce la religione, ma interno a noi, nel cervello. Per la Montalcini si tratterebbe di un errore evolutivo dell'uomo e sebbene lo scagioni da una responsabilità diretta delle aberrazioni del suo comportamento, questa ipotesi getta una luce sinistra sul futuro. Io che non ho fatto le scuole alte, ma che comparo, confronto, sperimento, questa ipotesi di uno sbaglio evolutivo (commesso da chi? da un dio che avrebbe voluto dare spazio al suo eterno nemico?) non mi convince, neppure all'interno dell'ambito scientifico. Non spiega il male, così come la religione non è sempre scudo adeguato a fronteggiare satana.

Esistono luoghi maledetti, vampiri psichici pronti ad azzannare gli uomini disattenti, vi sono pure stregoni in grado di sostituire anime, di trasferire infezioni invisibili per generazioni; esiste il Male, quello tremendo, insopportabile, che penetra ogni anfratto del disastrato inconscio e lo rimesta, lo manipola, fino a farlo tracimare e rendere folle l'uomo incauto. Dirci moderni e perciò emancipati dai secoli bui, è una mortale fesseria che può costarci l'anima.
Noi cristiani dobbiamo poter contare su dati certi dottrinari e sulla salvaguardia dei fondamenti primi della nostra fede, da un lato per difenderci da coloro che denigrano la tradizionale missione della Chiesa contro le forze del male e dall'altro contro chi si impegna in tale opera senza un'adeguata esperienza. Le Sacre Scritture ci insegnano che Gesù Cristo si incarnò per liberarci dal male e aprirci le porte del Regno di Dio. I secoli successivi di contro hanno visto protagonista progressivamente il principe dal mantello rosso in ogni angolo della terra, e come padre di ogni male ha istruito molti figli. Come feroce reazione a NSGC ha tentato con ogni mezzo di sigillare il Regno di Dio con l'aiuto di gerarchie religiose cieche e sorde.
Uno degli aspetti caratteristici della mia vita è lo straordinario numero di segni e di coincidenze significative, di combinazioni, di incontri fatidici, che hanno giocato un ruolo importantissimo in tutta la mia attività di occultista (uso tale termine in senso molto vasto e fuori da ogni appartenenza a conventicole e congreghe). Occupandomi di materie oscure secondo la definizione scandurriana, mi sono imbattuto molte volte nel mondo demonico e devo dire che l'esperienza ancor prima che la conoscenza (a volte vanno di pari passo) mi è stata di aiuto in talune circostanze. Non credete che solo i preti possono occuparsi di tali faccende, il combattimento contro satana riguarda ogni essere umano, ebreo islamico cristiano indù buddhista o anche ateo, tutti e nessuno escluso. Se ogni persona è bersaglio di forze oscure, non tutti sono in grado però di affrontarle e vincerle. Quello che ognuno sa fare è per me come un dono e chi non lo possiede non può sperare di crearlo dal nulla. In questo ambito alquanto incerto, elusivo, terribile, non c'è alta carica, stellette, gerarchie che tengano. Ho visto sacerdoti fuggire a gambe levate di fronte a posseduti o a fenomeni di infestazione, ferventi cattolici farsela sotto, tutto ciò per dire che ci vuole il fisico per certe imprese.
Al contrario di quanto andava sostenendo il buon padre Amorth, non credo che milioni di piccoli diavoli siano bramosi di impossessarsi dell'anima degli uomini. Le cose sono più complesse e insolite. Il mondo oscuro è penetrato nella nostra realtà e gli è stata permessa la possibilità d'azione sempre maggiore a causa della mancanza di fede e nella pessima pastorale dei preti progressisti, tutti impegnati a dire come si debba organizzare la riffa per guadagnare soldini utilizzabili per i nostri fratelli migranti, e poco attenti alla salvezza delle anime. Il diavolo non è più di moda e tale moda l'ha inventata lui, ovviamente. Vedere ovunque l'azione del demonio o non vederla affatto sono due grossolani errori.
Il diavolo è spinto dalla brama di potere e di vendetta sugli uomini, ci riesce nel momento in cui facciamo un cattivo uso del libero arbitrio e quando invertiamo il Bene col Male; tuttavia senza tentazione non potrebbe esistere libera volontà.
Mi è difficile da spiegare perché fin da ragazzo ho avuto sensitività e predisposizione a certe cose. Che cosa rese Handel capace di comporre musica? Io credo che ogni cosa operante in favore della vittoria della Luce sulle Tenebre sia un dono di Dio. Certo si deve perfezionare le proprie capacità ma il successo è assicurato (quando ciò accade) solo se si hanno già in partenza abilità innate, i talenti necessari per muoversi contro il lato oscuro della Realtà. Alla fine questa attitudine è più un'arte che una scienza. Più volte ho descritto per sommi capi cosa sia la pratica magica o comunque la si voglia chiamare, ma un breve ripassino non sarà inutile.
I profani credono che l'Immaginazione sia qualcosa di irreale. Invece è realissima, eccome. Quando immagino, costruisco effettivamente una forma sul piano eterico; e questa forma è oggettiva per gli eventi intelligenti di quel piano quanto lo è per ognuno di noi l'ambiente terreno. Codesta forma può avere solo un'esistenza transitoria, che non produce risultanti importanti; oppure può essere vitalizzata e usata per scopi elevati, benigni, oppure maligni. Per praticare la magia è necessario chiamare in azione tanto l'Immaginazione quanto la Volontà, poiché si equivalgono nell'opera. L'Immaginazione però deve precedere la Volontà per produrre il massimo effetto possibile. La Volontà senza nessun aiuto, può irradiare una corrente che non può essere del tutto inoperante; tuttavia il suo effetto è vago, indefinito, perché la Volontà priva di aiuto non irradia altro che la corrente o forza. L'Immaginazione, senza aiuto, può creare un'immagine che deve avere un'esistenza di durata variabile; eppure non può fare nulla di significativo, a meno che venga vitalizzata e guidata dalla Volontà. Tuttavia, quando entrambe sono congiunte, quando l'Immaginazione disegna un'immagine e la Volontà dirige ed usa tale immagine, si possono ottenere effetti meravigliosi. Quando si ha a che fare con entità oscurate, la mente e il corpo dell'operatore svolgono un compito determinante. Il controllo dell'Immaginazione e una Volontà forte, decisa, diventano basilari per la neutralizzazione delle influenze scaturite da quella malvagia presenza. Il corpo come tempio dell'Anima, va altrettanto addestrato, rendendolo puro, sano, non contaminato da droghe e alcolici. In battaglia dobbiamo poter contare su di noi, aspettarci aiuti celesti non è errato, ma appoggiarci solo su quelli è azzardato oltremodo. Un altro aspetto importante, da tener conto, è il valore rituale, la manifestazione visibile di un fenomeno interiore e invisibile. Le parole di potenza, molte delle quali ricavate dalla Bibbia, sono nella maggior parte rivolte alle persone presenti e non alle misteriose entità. In molte occasioni infatti ho effettuato operazioni magiche senza proferire parola, servendomi esclusivamente del pensiero risonante, analogico, immaginifico, che spesso riesce a fornire alle mie facoltà un potere ancora maggiore.

Sono fermamente convinto dell'esistenza e della presenza delle forze maligne come di quelle benevoli (non esiste il neutro nel campo delle energie, o aggreganti o disgreganti) ed ho constatato che la società attuale, altezzosamente infantile nel credere di dominare l'atomo e quindi la realtà, stenta ad accettare come reale un fenomeno creduto inverosimile. Ci sono cose al di fuori degli ordinari schemi mentali, ancora sconosciute e misteriose. Chi le nega a priori, dimostra solo ignoranza se non paura.
La Luce si è fatta strada, sta a noi seguirla per non imbatterci in sentieri lontani da Dio.

lunedì 26 giugno 2017

METAFISICA DELL'ORA PRESENTE

1.
Mi sto convincendo sempre di più che le risposte ai problemi del mondo attuale ricavate dalla lettura di autori tradizionali o perennialisti che dir si voglia, ebbene le formule risolutive – schematizzo - di estraniarsi verso una dimensione iperuranica, o lottare senza agire, ed altre perle di saggezza orientale, sono inefficaci alla luce di quanto vedo e sento. Il ritorno al neopaganesimo consigliato dalla redazione di EreticaMente, le conventicole evoliane che ripetono di rimanere ritti in mezzo alle rovine del mondo moderno, i cenacoli guenoniani che fanno del motto “non contate su di noi” il loro programma esistenziale, ecco, danno indicazioni astratte a questioni concrete. Trovo in loro un difetto metodologico e, direi, pure dottrinario. Innanzitutto il prima cattolico, poi gnostico, e ancora massone René Guénon divenuto infine islamico, in una fase drammatica della storia europea e mondiale, tra le due guerre, pensò bene di fare una fuitina in Egitto e rimanerci, si fece una nuova famiglia e visse di rendita grazie alle facoltose risorse del suocero. Ora, denunciare il mondo moderno analizzandone cause e sviluppi; almanaccare di simboli e dati tradizionali e delineare la fine del ciclo cosmico; indicare vie iniziatiche possibili sebbene poco praticabili dai più; inoltrarsi nelle teoretiche degli stati molteplici dell'essere aspettando gli oracoli che prefigurano l'avvento del Re del Mondo; beh, è esaltante ma poco fattibile quando dobbiamo far quadrare i conti con la Storia nonché il bilancio familiare. Altrimenti si scade nel fanatismo delle insane scolastiche sorte intorno ad Evola e Guénon. Il mito incapacitante rischia di realizzarsi quando seguiamo le istruzioni su come cavalcare la tigre, se poi Equitalia ci pignora casa. È frustrante scoprire che il cammino iniziatico più volte auspicato come Liberazione dalle correnti del divenire, si confonde con l'amaro calice del contingente. La Tradizione, sì, proprio quella con la maiuscola, non è una cuccia calda dentro cui riposare sognando cavalieri erranti e principesse da salvare; né è una scusa per trovare qualche improbabile quarto di nobiltà: essa è una corrente vivente che assume forme sempre nuove, benché difficili da scoprire. Seguire un percorso iniziatico, che non sia la burletta (comunque fatale) massonica, anche solo per sopravvivere tra le rovine del mondo, è impresa eroica, da monaco-guerriero, forse fuori portata a meno di un intervento divino, che non va certo escluso a priori. Le influenze spirituali sono decisive per ogni illuminazione, ma a noi spetta un carico di lavoro asfissiante, tremendo, solo per scrollarci di dosso sedimenti psichici, abitudini zavorranti, pregiudizi; solo l'opera al nero talvolta dura un'intera vita terrena. E poi, dopo aver letto e studiato gli autori su menzionati, non vi ho trovato un aspetto che definire decisivo è dir poco. Quale? È una potenza dirompente, una forza inarrestabile che se canalizzata, non conosce ostacolo. Qualcuno lo avrà capito, ma prima di scriverla vorrei ancora dire una cosetta. I tradizionalisti hanno stupidamente messo tale sentire tra il devozionalismo e il sentimentalismo tipico del popolo bue e miope, insomma robetta da schiavi, da donnette, da sciampiste in cerca di avventure galanti, per intenderci. Cos'è? L'amore. È pur vero che oggi è affetto da riduzionismo ontologico, relegato com'è alla giornata degli innamorati e a programmi mefitici come quelli della signora De Filippi. Eppure è quella energia immane che anima ogni cosa. Ma chi non la sperimenta la nega. E trovo vergognoso per un essere umano, anche se si ammanta di status iniziatico, di rinnegare il sentimento per antonomasia, l'amore dono di Dio, fuoco alchemico, che tutto riscalda e trasforma. Oh certo, né Evola né il francese erano teisti almeno secondo la mia fede, e considerando Gesù un piccolo profeta della Galilea, non avrebbero mai potuto comprendere l'immensità e la regalità che promanava dalla Sua Persona, e questa posizione li rende deficitari, limitati, ignoranti. Soprattutto il duo ineffabile della Tradizione del XX° Secolo, non concepì la fondamentale trasmissione iniziatica dell'amore cosmico che l'uomo-Dio ci regalò, senza ritualistiche o tecnologie interiori. Amore capace di attingere al Regno di Dio. Basterebbe studiarci il sufismo o i Fedeli d'amore, o anche avvicinarci all'esperienza Rosa+Croce, per convincerci che un patrimonio inestimabile è alla portata di ognuno di noi sebbene occultato dal materialismo distruttore in cui viviamo. L'amore è l'unica forza che contrasti il secondo principio della termodinamica, essa agisce a tutti i livelli della Realtà senza mai esaurirsi.
Non voglio disconoscere gli elementi genuini dell'antica sapienza che gli autori suddetti hanno raccolto e divulgato. C'è dell'autentico, del grandioso, tra le pagine di Guénon ed Evola, ma senza quella forza rigenerante, che tutto rettifica e redime, non saremo salvi né liberi.

2.
Chiunque adotti la tecnica di utilizzare una comunità, una nazione, il mondo, un Io di gruppo che si identifica in una credenza, una cultura, un'etnia, per opporre e schiacciare chi la pensi diversamente, è alimentato dalle stesse energie oscure dell'Io che in nome delle proprie credenze è disposto ad ogni violenza, fisica morale economica. È pur vero che l'Io ha una effimera consistenza in quanto agglomerato di ideologie, di energie psichiche pescate dal subconscio, tuttavia è abbastanza duraturo da imporre il proprio dominio, anche per una vita d'uomo. Lo scontro di civiltà, oggi, è una chimera, in realtà sia l'Occidente che l'Islam sono facce della stessa medaglia degenerata, hanno alla base gli stessi meccanismi: l'identificazione in uno schema e la proiezione della parte oscura non accettata, delle energie represse, su schemi diversi. Qualunque gruppo umano che si creda nobile, civile, superiore politicamente, nasconde in sé il veleno della separazione, il diavolo. Non è in ballo la sopravvivenza della civiltà occidentale contro il medioevo islamista, perché l'Europa è spiritualmente morta, per cui il nemico alle porte non ha il volto coperto e non agita la scimitarra, ma è già dentro la nostra anima dilacerata.
Su questo spazio virtuale, io e voi, tentiamo di dare un senso alla rabbia che ci pervade, contro tutto ciò che è informe, indistinto. Sembrerebbe una guerra di retrovia, velleitaria, tardiva, visto che abbiamo toccato il punto di non ritorno. Son convinto che esista un collegamento sottile tra pensiero e realtà manifestata. L'intento è creatore, dà forma all'energia che ci avvolge, modella il mondo in cui siamo immersi. La realtà non è più predeterminata ed obiettiva, dunque misurabile e descrivibile, ma indeterminata in quanto campo di possibilità. Aveva in questo ragione Mao, la realtà è una superstizione borghese. Allora c'è una possibilità di invertire la rotta? Siamo quattro gatti, è vero, ma se ci allineiamo in una certa direzione, quella originaria, anche i restanti, fossero pure moltitudine, sono indotti ad allinearsi per il principio magnetico che regola la materia e le anime. Se una élite governa il pianeta, avendo in pugno l'economia, la finanza, la politica, l'esercito, la polizia, questo dimostra che pochi individui nei posti cardine del sistema possono dominare tutto. Esiste una falla in ogni sistema, però. Qual è? È la legge della dialettica su cui si poggia, secondo cui un sistema non può essere modificato dall'interno, perché il soffio dell'idea, l'energia che anima l'intenzione di un cambiamento radicale non può essere costretta in un corpo rigido, per sua natura portato a perpetuare un assetto che garantisca la conservazione del sistema stesso e dunque del proprio potere. Il sistema è qualcosa di artificiale, di meccanico, potremmo dire oggi che è digitale, ha la sua forza nel suo limite. Pochi lo riconoscono. Gli apparati, i meccanismi, sembrano inviolabili, ma mancano di ossigeno poiché inorganici, privi come sono di anima. Un golem animato da qualcosa di disumano e perciò alieno. Per questo motivo è inutile entrare nella centralina, nella sala comando del sistema per sabotarlo: son solo macchine, altrove c'è il motore che lo fa muovere.
La Vita che è soffio divino, deve però poter fluire liberamente. La religione aperta al mondo, che ha ripudiato il sacro, è diventata come un contenitore in cui si cerchi di chiudere l'acqua che scorre. Ecco, la Vita deve poter fluire, diventare fede che si trasfigura nella conoscenza, che si fonda nella coscienza personale. Ma non prendete come assioma quanto vi accenno, verificatelo con l'occhio del cuore, non c'è logica della testa, sentitelo dentro. Io sento che in me c'è un seme splendente sin dal principio in forma latente; però è necessario sacrificare la mascherina di apparenze e convinzioni a cui ci siamo aggrappati per recitare in scena, affinché possa spaccarsi e germogliare. Abbandoniamo l'illusione di migliorare un sistema che difende strenuamente il proprio potere. Mettere una pezza ad un abito fatiscente è impresa vana. Siamo noi i protagonisti dell'impresa, quella di restaurare l'antica norma del Cielo.

lunedì 22 maggio 2017

Profetiche visioni di uno scrittore dimenticato

Alcuni stralci dal testo di Joseph Roth: “L’Anticristo”

Diamo nomi falsi a cose vere. Non sappiamo più esattamente che nome deve avere ogni cosa. Abbiamo solo il nome e le definizioni di forme, colori e dimensioni, ma non le riconosciamo più. Dato che siamo diventati ciechi, utilizziamo in modo sbagliato nomi e definizioni. Chiamiamo piccolo ciò che è grande e grande ciò che è piccolo, nero il bianco e bianco il nero. Chiamiamo le ombre luce e la luce ombra. Ciò che è vivo, morto; ciò che è morto, vivo. Così, nomi e definizioni perdono contenuto e significato.

Ma sarebbe semplicismo e stoltezza, come abbiamo già detto chiaramente, maledire le invenzioni e la ragione da cui provengono, poiché l’inventore non ha fatto altro che applicare la ragione, che è un dono di Dio. Tuttavia, utilizzando un dono divino otteniamo qualcosa di perverso: la componente malvagia si sarà introdotta tra il momento dell’invenzione e quello della sua applicazione. Così, per esempio, l’oro – che dovrebbe essere anch’esso un dono della natura, una benedizione della terra – si è trasformato in uno strumento dell’Anticristo, poiché dove questi si manifesta più chiaramente è nell’attività di trasformare in qualcosa di volgare ciò che è nobile nella sua essenza. Il senso della sua esistenza e delle sue azioni è esattamente quello di profanare il sacro, di svilire ciò che è nobile, di travisare ciò che è retto e di imbruttire ciò che è bello. Non contento del fatto che gli sia stato concesso il potere su ciò che è essenzialmente volgare – perché anche questo fa parte del mondo terreno –, cerca di estendere il suo dominio su ciò che è nobile. Ma dato che ciò che è nobile non si sottometterebbe mai al suo dominio se non cessasse di esserlo, la prima cosa che fa è trasformarlo in male. Il diavolo somiglia a un re violento il cui paese è sterile e che, per conquistare le fiorenti nazioni che lo circondano, comincia col trasformarle in contrade deserte affinché somiglino alla sua: se non le rendesse uguali al suo paese, non si sottometterebbero a lui. Ma l’Anticristo è peggiore rispetto a questo re violento, perché a quest’ultimo lo si vede, lo si sente e si soffre per le sue azioni, mentre il primo ha il potere di desertificare una terra fiorente mentre ci acceca a tal punto da farci credere che il deserto sia proprio un giardino fiorente. E mentre egli si dedica all’annichilimento, crediamo che stia costruendo. Quando ci dà delle pietre, pensiamo che ci stia dando del pane. Il veleno del suo calice ha per noi il sapore di una fonte di vita. E contempliamo lui, il principe dell’inferno, come si contempla un figlio del cielo e della terra allo stesso tempo, il che, finché ci troviamo in questa terra, ci sembra ancor più eccezionale che se fosse solamente figlio del cielo. Ci si presenta e ci parla in questo modo: “Volevano promettervi il cielo, ma io vi do la terra. Eravate costretti a credere in un Dio incomprensibile, ma io in cambio trasformo voi in dei. Credete che il cielo sia superiore alla terra, ma la terra è indubbiamente un cielo!”. E dato che è caratteristico della nostra natura desiderare continuamente di trasformarci in dei – giacché non dimentichiamo mai le nostre origini e siamo dei riflessi che cercano per tutta la vita la loro immagine originale –, l’Anticristo riesce a sedurci. In questo modo così semplice riesce a trasformare il nostro anelito più nobile in volgare invidia. Poiché l’anelito e l’invidia sono fratelli gemelli – uno bello e l’altra brutta – che però possono confondersi l’uno con l’altra.

In seguito mi recai nel paese in cui mi avevano detto che non si elevavano più grida di eserciti né esistevano persone maltrattate; lì la gente si sforzava di far brillare la verità, la giustizia e la ragione; lì era stato sconfitto l’oro, il metallo dell’Anticristo; lì veniva osservato il rispetto naturale per la vita dell’individuo e ogni vita era considerata sacra. Arrivai dunque alla capitale di quel paese. Si tratta di una città antica, bella e grande, con molte centinaia di chiese antiche. […] Visitai molte di quelle cupole e chiese […] e vidi che in molte di esse non si pregava più e che le campane erano state tolte dai campanili, così come le croci dalle cupole e dalle mura interne.

“Abbiamo liquidato Dio”, mi dicevano gli uni e gli altri. “Tutti dovrebbero imitarci! Come Lei stesso può osservare, non abbiamo eliminato solo la ricchezza, l’oro, l’imperatore e il carnefice, ma abbiamo anche spazzato via dal cielo tutta l’immondizia che vi si era accumulata nel corso della storia. Ora la terra è pulita e il cielo è vuoto”.

Ed era proprio così. Avevano preso due scope, una per pulire la terra e l’altra per pulire il cielo, e avevano dato loro persino dei nomi. La prima si chiamava ‘rivoluzione’, la seconda, ‘ragione umana’. Ma in questo paese vi erano ancora molti che erano in disaccordo con entrambe le scope o solo con una. Alcuni di essi potevano credere, certamente, che la terra era stata pulita, dato che potevano constatarlo coi loro stessi occhi. Ma non riuscivano a vedere il cielo e diffidavano della scopa chiamata ‘ragione umana’.

“Se diffidate della vostra stessa ragione”, dicevano gli spazzini, “è perché ne avete molto poca”.

Al che quelli rispondevano: “Forse siete voi che confidate tanto nella ragione perché ne avete molto poca. O forse ne avete persino più di noi, ma è possibile che oltre alla ragione umana ve ne sia un’altra divina, e che persino la vostra stessa ragione – pur essendo così grande – non sia sufficiente, come la nostra, che è scarsa, per riconoscere quella divina. Voi credete di sapere. Ma noi crediamo”.

“Ebbene, anche se aveste ragione”, replicavano gli spazzini, “e anche se esistesse veramente una ragione divina al di sopra della nostra, che è umana, non dovremmo riconoscerla. Ricordatevi che tutti i nostri oppressori si appellavano a quella ragione divina irriconoscibile e ci opprimevano in suo nome”.

“Lo ammettiamo”, risposero alcuni credenti più intelligenti. “È stato un peccato degli oppressori affermare con insolenza che solo loro, e non noi, potessero decifrare le intenzioni della volontà divina. E se l’avessero decifrata veramente, sarebbe stato un peccato doppio opprimerci appellandosi alla sua conoscenza. Infatti, anche se sappiamo ben poche cose, ogni credente sa che Dio non vuole l’oppressione. Oltretutto, siamo stati sciocchi a credere che i nostri potenti oppressori ne sapessero di più sui propositi di Dio. Questa è stata la nostra colpa, lo ammettiamo, ma la vostra è quella di negare qualcosa che non sapete se esiste o no. Sapete per esempio di dove viene l’uomo e dove va? Sapete cosa c’era prima della vostra nascita e cosa ci sarà dopo la vostra morte? Avete mai parlato con qualche morto o con qualcuno che non sia ancora nato?”.

Gli spazzini ci dissero: “Anche se potessimo parlare con gli aborti o con i morti, non lo faremmo: abbiamo troppe cose da fare per eliminare la miseria dei vivi. Non abbiamo tanto tempo a disposizione come voi. Ci atteniamo alla frase: ‘La religione è l’oppio dei popoli’”.

“Bene”, dissero i credenti intelligenti, “se non avete tempo, aspetteremo, perché noi ne abbiamo fino alla fine dei tempi”.

E i credenti andarono a pregare. Ma non li lasciavano in pace. Era curioso, in effetti, che proprio quanti affermavano di non avere tempo di parlare coi morti – ammesso che avessero potuto farlo –, riuscissero però a trovare il tempo sufficiente per molestare i fedeli.

Sull’immagine della Madre di Dio, esposta davanti a una delle entrate del palazzo degli spazzini, scrissero la frase del loro profeta: ‘La religione è l’oppio dei popoli’. Che razza di frase! Stupida, come tutte quelle che hanno la forza di sedurre l’udito della gente come una melodia appiccicosa. E così lontana dalla salvezza come una musica di strada. […]

Questo era il motto che avevano scritto sull’immagine della Madre di Dio. Tuttavia, molta gente pregava ogni giorno di fronte alla Sua immagine. Era come se Le chiedessero perdono per il motto che Le avevano affibbiato. E dato che in quel paese non vi era alcun ricco, quanti si inginocchiavano di fronte alla Madre di Dio erano poveri: lo erano dalla nascita o lo erano diventati, ma in ogni caso erano poveri. Erano il popolo, quindi. E nella Sua apparente impotenza di fronte al potere del motto appiccicoso, la Madre di Dio mostrava la Sua dignità, perché la Sua impotenza era percettibile e possedeva il potere apparentemente fragile di attrarre poveri disprezzati, vale a dire il popolo! Non prometteva nulla, non faceva miracoli, non pronunciava discorsi, era oggetto di burla, eppure vi furono persone che Le rimasero fedeli e si lasciarono disprezzare insieme a Lei. Tutti erano poveri. E dato che effettivamente – bisogna riconoscerlo – in quel paese si faceva tutto il possibile per il popolo, mi chiesi perché quei poveri continuassero a pregare. Cosa poteva trascinarli verso un potere a loro sconosciuto se potevano vedere che i poteri a loro conosciuti erano disposti ad aiutarli? Doveva trattarsi di carenze delle quali non è possibile parlare con le autorità conosciute e visibili. A una madre morì il figlio e i medici dell’ospedale furono impotenti contro la morte. Allora il medico le dette l’oppio della verità perché non soffrisse: fu tutto quello che poté fare. Una donna desiderava avere un figlio e la natura, nel suo mistero, non glielo concedeva. Un’altra non volle conservare quello che aveva nel ventre ed era addolorata per non averlo voluto mettere al mondo. Un uomo piangeva per il suo fratello morto che l’ordine perfezionato di questo mondo non fu capace di restituirgli. E altri pregavano semplicemente perché il loro cuore non ce la faceva più. Senza altri motivi. Perché anche se gli spazzini avevano ripulito la terra da ogni tipo di immondizia, non era possibile svuotare i cuori umani delle inspiegabili angosce di cui a volte sono pieni, senza una ragione identificabile. E anche se gli spazzini avessero potuto placare la fame e la sete, dare un tetto a tutti quelli che erano costretti a passare la notte all’addiaccio, letti e medicine ai malati, stampelle agli invalidi e cani guida ai ciechi – come era senza dubbio la loro intenzione –, sarebbero ancora rimasti cuori che avrebbero voluto qualcosa di diverso, vale a dire proprio ciò che i poteri terreni non possono ottenere. […] Siamo fatti di carne e spirito. Se un gatto si accontenta solamente di un po’ di latte e burro, a una persona non basta assolutamente aver bevuto e mangiato. E anche se le diamo libri, la portiamo a teatro e soddisfiamo la sua curiosità di conoscenze terrene, arriverà un momento in cui, come quel bambino che è ancora, chiederà: “Perché? Perché?”. Non vi sono risposte per tutte le sue domande, e nemmeno quando chiede: “Padre, perché mi hai abbandonato?”.

I primi ad essere sedotti dall’Anticristo furono gli intermediari di Dio. Solo successivamente arrivarono gli atei, apparsi in modo spontaneo. Ma persino chi si definisce ateo non è affatto senza Dio. Chi nega Dio, il rinnegato, è peggiore di chi si definisce ateo. Se qualcuno mi dice che non crede in Dio, mi sento triste per lui. Ma se qualcuno mi dice che crede in Dio e che l’ingiustizia è giustizia, lo maledico.

[I] falsificatori si definiscono sempre ‘verificatori’; i ladri, uomini d’onore; gli assassini, amanti. Chi vuole spacciare una menzogna per verità si definirà amante della verità. L’assassino viene di notte e chiede di entrare con dolci parole. L’ingiusto parla di giustizia […].
[Parlando a un ebreo indignato per la sorte inflitta al suo popolo.] “E dato che Lei ha subito un’ingiustizia così grande, vuole continuare a infliggerla? Se vede che agli ebrei viene inflitta un’ingiustizia, prova dolore solo per l’ingiustizia o sente doppiamente il dolore perché è un ebreo che la subisce?”.
“Entrambe le cose”, disse il debole.
“Se è così”, risposi, “potrebbe accadere che un giorno sarà Lei ad essere crudele, perché porta in Sé il germe dell’ingiustizia. E con che diritto viene qui ad accusare l’ingiusto?”.
Allora il debole mi lasciò con un sospiro che suonava come una maledizione. Sospirava e malediceva allo stesso tempo. Da questo riconobbi che anche su di lui, sul debole, governava l’Anticristo.
In seguito mi inviarono un uomo pio, un uomo della Santa Chiesa che indossava un abito marrone, un cordone intorno al corpo e una grande croce.
“Sia lodato Gesù Cristo!”, disse. “Sempre sia lodato!”, risposi.
“Vedo”, esordì, “che Lei lotta contro l’Anticristo. Voglio aiutarLa. Vengo da Roma, dalla città santa. Sono uno dei più umili servitori del papa, ma ho l’onore di trovarmi spesso vicino a lui. In alcune occasioni ho visto sul soglio di Pietro qualcun altro al posto del Santo Padre”. Il monaco tacque per un momento. Poi insisté: “Una persona completamente differente!”.
Anch’io tacqui per un bel po’, poi dissi: “È scritto che giungerà un tempo in cui l’Anticristo sederà sul soglio di Pietro ricoperto di tutti i segni della dignità pontificia. Mi dica, è già arrivato questo momento?”.
“Non lo so”, rispose il frate. “Sono solo uno degli ultimi servitori del palazzo del Santo Padre. Ma un giorno ho visto che il Santo Padre si era addormentato. Dormì solo per poche ore, ma durante quel tempo vi fu un’altra persona seduta sul suo eccelso trono. E proprio in quelle ore arrivarono gli inviati dei vari paesi pagani per fare la pace con la Santa Chiesa”.


domenica 20 marzo 2016

Dietro le quinte della realtà

Conosco le cause economiche e politiche che condussero allo scoppio della prima guerra mondiale; ma chi fu ad armare la mano di Gavrilo Princip, il killer di Sarajevo? O l'assassino di JFK? E chi uccise il premier svedese Olof Palme? La lista di ammazzamenti di uomini decisivi per le sorti dei popoli, è sterminata. C'è un livello di realtà che gli storici non possono raggiungere, perché è al di là della portata umana. Oltre lo sguardo, oltre il pensiero, c'è qualcosa o qualcuno. Devastazioni, rovine, fiumi di sangue, hanno tutti una doppia firma: l'uomo e il diavolo. 
Le guerre, c'è chi le scatena e chi deve subirle; e spesso non è possibile distinguere bene le parti. Comunque sia, non ce n'è stata mai una che non abbia infine ridotto in condizioni pietose vincitori e vinti. Certo che l'uomo è responsabile, quando sa veramente quello che fa; ma non si può dire sia un caso frequente. Il più delle volte si comporta come chi abbia ricevuto una suggestione post-ipnotica - è questo ciò che sostengo sul questo blog; fa quello che gli è stato comandato, credendo di agire di testa propria. Il suo discernimento del bene e del male è imperfetto, avrebbe bisogno di aiuto e potrebbe averlo dalle potenze della Luce, ma si guarda bene dal chiederlo: orgoglio e presunzione glielo impediscono.
La psicologia moderna identifica nell'inconscio (luogo-non-luogo sito nei bassifondi della psiche) il responsabile principale di tante sventure umane, individuali e collettive. Una artificiosa spiegazione, comoda alla fine, per non usare il nome di Satana, che il culturame egemone ha messo al bando da tempo. In realtà l'inconscio non è solo una sorgente autonoma di impulsi, un deposito di memorie latenti, un inventore di favole o di orrori; è anche un tramite, una via d'accesso che può aprirsi agli influssi più diversi. 
Ci sono delle domande che gli storici non amano porsi perché si troverebbero in imbarazzo, se dovessero dare una risposta. Perché le rivoluzioni non raggiungono mai gli scopi prefissi, anzi, finiscono per conseguirne altri imprevisti e addirittura opposti? "Eterogenesi dei fini", dicono i filosofi, ma questa è una constatazione e non spiega niente. E' un fatto: tutti i sogni di rinnovamento, di palingenesi terrene (è la nuova frontiera di certo cattolicesimo moderno), non arrivano mai a verificarsi, per quanto dolore, per quanto sangue sia costato lo sforzo inteso ad attuarle. Tutto avviene, sempre, come se il pendolo della storia trascinasse l'umanità da un errore a quello opposto, da una situazione avvilente e penosa ad altra dove l'ingiustizia organizzata è anche più pesante. Si pensi agli esiti della tanto celebrata (dai comunisti occidentali) rivoluzione bolscevica; alla condizione drammatica dei contadini francesi dopo l'avvento del potere giacobino; alla abolizione delle libertà religiose dopo la proclamazione dei grandi principi. 
E che dire dell'apparente, già, apparente democrazia diffusa in Europa e negli USA, dove il potere e le risorse sono appannaggio di pochi oligarchi (ma chi c'è dietro a muovere i fili?) che fanno ancora credere che si viva nel migliore dei mondi possibili, e dove i popoli perdono progressivamente quote di libertà e sovranità nazionale, in nome di un Nuovo Ordine Mondiale, puzzolente e criminale leviatano che tutto divora e uccide? O ritenete veramente di vivere liberi e di avere la capacità reale di scegliere la forma politica e i suoi rappresentanti? Se siete così integrati al sistema, non c'è speranza, perché le sbarre della prigione diventano effettivamente invisibili... eppur ci sono, certo che ci sono.
Ogni volta che la bilancia della storia si inclina dal lato positivo, subito ha inizio la lenta, terribile discesa verso il lato opposto. Pochi uomini hanno tentato di affrancarsi da certe immonde influenze, pochi perché la conoscenza di energie, potenze, entità di ordine barontico non sono alla portata di tutti. Certi saperi sono trasmissibili da maestro a discepolo con grandi difficoltà, e non molti son disposti a sacrificarsi sul campo di battaglia tra Luce e Tenebre. Il luogo dove si combatte è prima di tutto la propria anima, e soltanto dopo si ripercuote all'esterno, ma se non vinciamo prima la guerra interiore non avremo nessuna possibilità di vittoria sul mondo. 
Noi proseguiamo la nostra corsa verso l'ignoto. Intanto anche il ritmo dei cambiamenti è cambiato: ciò che un tempo si misurava a secoli ora si misura ad anni. Tutto rotola giù più velocemente. Il tempo si sta esaurendo. Crediamo di domare la natura, ma poi ci sfugge la padronanza del nostro destino.  Qualcuno denuncia i limiti dello sviluppo, grida la distruttività del capitalismo, ma non basta; altri, la maggioranza, rimangono inebetiti e impotenti di fronte all'ultima sfida, quella della fine di un mondo, che arriva in silenzio per poi scuotere le fondamenta dell'Universo. La Terra non è una palletta insignificante che galleggia nello spazio; siamo un crocevia di Piani dimensionali, e perciò quanto accade qui si riverbera molto lontano...

domenica 14 febbraio 2016